mercoledì 4 dicembre 2013

LA MOSTRA "VENITE ADOREMUS" A Natale il presepio lo costruiscono i disoccupati

Il presepio si fa speranza e pane per otto disoccupati che stanno realizzando, nelle parrocchie di città e provincia, 160 presepi.Un’iniziativa natalizia che vuole infondere a chi ha perso il lavoro un po’ di fiducia nel futuro. Ideatore del progetto è
Paolo Peli, presidente dell’associazione S.R. (acronimo che sta per sé rangiom): «A Natale - spiega - si parla spesso di solidarietà e vicinanza al prossimo. Io ho pensato di dar vita a queste parole portando avanti la tradizione del presepio e chiedendo a chi è in difficoltà se c’era la voglia di allestire natività e in cambio ricevere qualche giornata di lavoro».A questi volontari verrà dato un sostegno concreto per il lavoro svolto e le ore messe a disposizione, grazie alla generosità delle chiese e della realtà dove sono stati realizzati i presepi. Ma il fine è più spirituale: «È un modo - spiega Peli - di farli riconciliare con il lavoro, di farli riappassionare al mondo del lavoro e dare loro speranza».Un’iniziativa nobile, dunque, che vuole portare luce in un periodo che dovrebbe essere gioioso ma, per chi non ha un lavoro, porta ansia, rassegnazione e senso di fallimento.A segnalare i disoccupati sono stati i parroci delle chiese coinvolte nel progetto, a loro Paolo Peli ha chiesto chi poteva avere passione, voglia di mettersi in gioco e necessità.Ed è a San Giuseppe, una delle tante chiese del centro storico dove si sta lavorando per allestire un presepio, che incontriamo Augustin Senghor, senegalese, in Italia da più di 13 anni, operaio in argenteria fino a che la ditta per cui lavorava è fallita. «Questa opportunità ci dà speranza - sottolinea - e dà la possibilità di festeggiare il Natale con dignità».Nemmeno a due chilometri di distanza, nella chiesa dei Miracoli, il cantiere è chiuso: qui i presepi provenienti da tutto il mondo sono pronti. Incontriamo Francesco Speziani, custode, manutentore della chiesa, nella vita è impresario edile, ma la sua ditta quest’anno non ha quasi lavorato. «Faccio di tutto - ci dice con simpatia e sicurezza - l’importante è non restare a casa con le mani in mano».Francesco e Augustin non sono gli unici.Tra muschio, casette in cartapesta e palme c’è un’occasione, quella per dimostrare che c’è la voglia e la capacità di lavorare. Di mettersi in gioco e ricominciare da capo.fonte:giornaledibrescia.it

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