martedì 3 settembre 2013

In coma dopo un raschiamento Dopo 13 anni è morta Antonella

Dopo 13 anni in stato vegetativo, lunedì 2 settembre è spirata Antonella Giua, la giovane mamma in coma irreversibile dopo un intervento di raschiamento, una ventina di giorni dopo aver dato alla luce il proprio figlio, il primo marzo del 2000. Antonella
Giua, che viveva alla Celadina con il marito, è morta al Don Orione, dove era stata ricoverata dopo il raschiamento. La vicenda risale al primo marzo del 2000: quel giorno Antonella Giua, ai tempi 27enne, doveva sottoporsi a un intervento di raschiamento. Durante l'operazione, svoltasi in una piccola sala parto dei Riuniti, a un certo punto per circa 12 minuti Antonella Giua aveva respirato protossido d'azoto anziché ossigeno, a causa del distacco di un tubo. Da quel giorno è rimasta in coma vegetativo. I successivi accertamenti della magistratura - pm Carmen Pugliese - avevano portato ad accusare di lesioni colpose gravissime per quel fatto tre persone: l'anestesista presente in quel momento, Roberto D'Amicantonio, il primario di Anestesia Giuseppe Ricucci e il responsabile della manutenzione Alberico Casati. In sostanza il pm contestava all'anestesista il non aver monitorato correttamente la paziente, al primario l'aver permesso di eseguire l'anestesia con un macchinario obsoleto (il cosiddetto Toy), privo di meccanismi adeguati di sicurezza; all'ingegnere della manutenzione infine il non aver fatto sul macchinario le opportune verifiche. I tre hanno sempre respinto le contestazioni: il primo avrebbe lavorato senza adeguate strumentazioni, la cui fornitura non dipendeva da lui; il secondo non sarebbe stato al corrente di malfunzionamenti e problemi di altro genere; infine il tecnico avrebbe addebitato il problema a un errore di progettazione, non di manutenzione. A giugno del 2004 il giudice Giovanni Gerosa li aveva giudicati in primo grado colpevoli, condannando D'Amicantonio a ventidue mesi di reclusione, Ricucci a 200 euro di multa e Casati a 300 euro di sanzione, concedendo a tutti la sospensione condizionale della pena. La vicenda era finita più volte sui giornali. In particolare nel 2007 era stata data la notizia di un accordo tra l'ospedale di Bergamo e la famiglia: dopo quasi sei anni di attesa e di lotte burocratiche, la compagnia di assicurazioni garante per gli Ospedali Riuniti di Bergamo aveva erogato un risarcimento di circa un milione e 250 mila euro alla famiglia.fonte:ecodibergamo.it

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