martedì 19 marzo 2013

Censis. Persi oltre 500 mila posti di lavoro, il 60% al sud in 4 anni


Se non riparte il Sud a farne le spese e' l'economia dell'intero paese: infatti le tendenze negative sono pari quasi al doppio della media nazionale, il che significa che per generare crescita e sviluppo bisogna invertire il ciclo negativo del Mezzogiorno". Cosi' il segretario nazionale della Cgil, Serena Sorrentino, commenta i dati delrapporto Censis sul
Mezzogiorno che evidenziano, tra l'altro, l'alta percentuale di Neet, i giovani che ne' studiano ne' lavorano, al Sud. Il dato rappresenta un "allarme nazionale".Il rapporto, sottolinea, "conferma quanto avevamo messo al centro del confronto con gli ultimi governi: istruzione ed occupazione sono i due settori da cui ripartire per affrontare la crisi. Il dato che preoccupa maggiormente e' quello dei Neet. Non e' un caso che superi il 35% in Campania e Sicilia dove la deindustrializzazione e' piu' forte e dove, a differenza della Puglia, non ci sono stati investimenti regionali su occupazionee sviluppo". Per questo, "dare attuazione al piano europeo 'garanzia giovani', comitati per l'attuazione del piano del lavoro per creare occupazione e collegamento dell'utilizzo dei fondi strutturali a programmi di azione nazionale su welfare,ambiente, energia e infrastrutture - conclude Sorrentino - sono reali occasioni per rispondere alle emergenze sociali nel Sud".
"Il Sud - rileva a sua volta la Cisl - ha pagato in questa crisi il prezzo più alto, in termini di perdita di posti di lavoro e riduzione dei redditi, il che mette a rischio la coesione sociale. Ecco perchè il nuovo Governo deve collocare le politiche per il Mezzogiorno al centro delle sue strategie di crescita. Il nuovo quadro di risorse che la Unione europea si appresta a stanziare, assieme alle dovute risorse ordinarie, deve consentire al nostro Sud di rilanciare l'industria e l'occupazione e rendere i processi sociali inclusivi soprattutto nelle città e nelle aree interne.Per favorire l'occupazione nel Mezzogiorno, devono assumere un ruolo centrale, le infrastrutture materiali ed immateriali ed un' istruzione soprattutto tecnica".
Persi oltre 500 mila posti: il 60% al sud in 4 anniI giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano, non lavorano e non si formano, i cosiddetti Neet, sono molto piu' numerosi in tutte le regioni meridionali che nelresto d'Italia. La loro incidenza media nel Mezzogiorno e' infatti del 31,9% ed e' superiore alla media nazionale che si attesta al 22,7%. A sottolinearlo e' il Censis, che indica una situazione "da emergenza sociale" in Campania dove la quota sale al 35,2% e in Sicilia dove e' al 35,7%.Nel rapporto 'La crisi sociale del Mezzogiorno', il Censis sottolinea anche come la spesa pubblica per l'istruzione e la formazione nel Mezzogiorno e' molto piu' alta di quella destinata al resto del Paese: il 6,7% del Pil contro il 3,1% del Centro-Nord, ovvero 1.170 euro pro-capite nel Mezzogiorno rispetto ai 937 del resto d'Italia (ovvero il 24,9% in piu'). Eppure, il tasso di abbandono scolastico e' del 21,2% al Sud e del 16% al Centro-Nord, i livelli di apprendimento e le competenze sono "decisamente peggiori". Inoltre il 23,7% degli iscritti meridionali all'universita' si e' spostato verso una localita' centro-settentrionale, contro una mobilita' di solo il 2% dei loro colleghi del Centro e del Nord.
Censis: aumenta divario fra nord-sud
La crisi ha allargato il divario Nord-Sud. Tra il 2007 e il 2012 infatti, nel Mezzogiorno il Pil si e' ridotto del 10% in termini reali a fronte di una flessione del 5,7% registrata nel Centro-Nord. Nel 2007 il Pil italiano era pari a 1.680 miliardi di euro, cinque anni dopo si era ridotto a 1.567 miliardi. E' quanto emerge dal Rapporto "La crisi sociale del Mezzogiorno" realizzato dal Censis presentato oggi a Roma da Giuseppe De Rita eGiuseppe Roma, presidente e direttore generale del Censis.Nella crisi abbiamo perso quindi 113 miliardi di euro, molto piu' dell'intero Pil dell'Ungheria, un Paese di quasi 9 milioni d'abitanti. Di questi, 72 miliardi di euro si sono persi al Centro-Nord e 41 miliardi (pari al 36%) al Sud. Ma la recessioneattuale e' solo l'ultimo tassello di una serie di criticita' che si sono stratificate nel tempo: piani di governo poco chiari, una burocrazia lenta nella gestione delle risorse pubbliche, infrastrutture scarsamente competitive, una limitata apertura aimercati esteri e un forte razionamento del credito hanno indebolito il sistema-Mezzogiorno fino quasi a spezzarlo.Ma non solo, nel confronto con i grandi sistemi dell'euro zona l'Italia e' il Paese con le piu' rilevanti diseguaglianze territoriali. Il Centro-Nord (31.124 euro di Pil per abitante) e' vicino ai valori dei Paesi piu' ricchi come la Germania, dove il Pil pro-capite e' di 31.703 euro. Mentre i livelli di reddito del Mezzogiorno sono inferiori a quelli della Grecia (17.957 euro il Sud, 18.454 euro la Grecia).fonte:rainews.it

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