mercoledì 17 aprile 2013

Crisi in vetrina: chiudono i negozi, reggono i bar


Con la crisi perdurante da anni, verrebbe da pensare di dover procedere a ritroso di un po' per imbattersi in un saldo positivo fra iscrizioni e cessazioni di attività imprenditoriali. Invece è sufficiente retrocedere «solo» fino al 2011, per quanto i dati (dopo l'annus horribilis 2007, che vedeva un bilancio generale negativo per 712 unità), niente abbiano a che fare col «benessere» del primo quinquennio 2000 (di media positivo per 2-3mila nuove imprese).Il commercio segue sostanzialmente la curva generale: l'ultimo trimestre 2011 ha segnato un tasso di crescita annuo dello 0,5% con 127 iscrizioni in più, ma in calo dello 0,4% (97 attività) sul trimestre precedente. Peggio il 2012, con una variazione annua negativa dello 0,3% - 84 esercizi in meno - e dello 0,2 (51 imprese) nei confronti del terzo trimestre (elaborazioni a cura dell'ufficio studi e statistica della Camera di Commercio di Brescia). Nel marasma complessivo, tengono però le attività di alloggio e ristorazione, cresciute di 213 unità a fine 2011 e di quasi altrettante - 208 per la precisione - al 31 dicembre 2012. «Si affacciano al settore nuove aziende - conferma da Confesercenti Stefano Boni - ma rileviamo un turn over piuttosto marcato».  Rispetto al passato, per l'avvio di pubblici esercizi (perlopiù bar) sono state abbattute «molte barriere all'ingresso», ed è dunque più facile, almeno in termini burocratici, cimentarsi nell'impresa. Appetita «dai giovani - prosegue - e dagli stranieri, principalmente cinesi o nord-africani». Niente di male, certo, «ma l'idea che si tratti di un comparto "facile" rispetto ad altri si rivela spesso illusoria, e molti si vedono costretti ad abbassare la serranda in pochi mesi». Anche perché il trend di crescita del numero di esercizi non è parallelamente confermato da un rialzo dei consumi. Per il commercio «tradizionale», il periodo è nero. «I Comuni non hanno risorse - riflette Fabbio Baitelli, vicedirettore di Confesercenti Brescia -, l'imposizione fiscale è elevata e la contrazione dei consumi inarrestabile». Il 2012 sembrava promettere bene, in esordio, «ma da aprile a ottobre la situazione si è ribaltata, mostrando segno negativo». Situazione peraltro «oggi già superata, e probabilmente peggiorata: le vendite natalizie, per esempio, si sono attestate parecchio al di sotto delle attese». Quanto all'anno in corso, le prospettive non sono rosee. «Solo da dicembre 2012 a gennaio 2013 - illustra Carlo Massoletti, presidente di Ascom-Confcommercio - il Comune di Brescia ha perso 14 ulteriori punti vendita». Chiudono in particolare «le aziende storiche, strutturate», cui si sostituiscono «imprese talvolta non strutturate», e pertanto destinate ad avere vita breve. Il dato, insomma, non è solo quantitativo, «bensì anche qualitativo: nuovo e "vecchio" non sempre hanno lo stesso peso». Un'analisi che si confronta con i consumi degli ultimi due mesi, che hanno subito un ulteriore tracollo. 
Anticipazione «di un 2013 duro - conclude Massoletti -, che vede Brescia chiudere il doppio dei negozi rispetto a Milano, in un fenomeno preoccupante e trasversale a tutti i comparti». fonte:giornaledibrescia.it

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