lunedì 1 aprile 2013

Sette bresciani su dieci sotto i 1000 euro al mese

Sette pensionati su dieci, nel Bresciano, vivono con un assegno di meno di mille euro al mese. I dati, recentemente pubblicati dall’Inps nel rendiconto dell’attività del 2012, spingono a riflettere su una situazione di generale difficoltà dalla quale pochi sono esclusi. «Leggendo il rapporto, si vede che è diminuito il numero delle pensioni di anzianità e vecchiaia
liquidate, per effetto della riforma del ministro Fornero - spiega Alfonso Rossini, da poco riconfermato segretario generale dei pensionati della Cisl -. Parimenti, sono aumentate le pensioni di invalidità civile e di reversibilità e sono anche cresciuti gli interventi a favore degli ammortizzatori sociali quali indennità di disoccupazione e cassa integrazione, strettamente collegati alla crisi esistente».Dunque, nel rendiconto dell’attività dell’Inps di Brescia è ben visibile l’impronta della crisi.Le prestazioni pensionistiche - vecchiaia, anzianità, invalidità, reversibilità, indirette - accolte e liquidate nell’intero 2012 dalle strutture provinciali dell’Inps sono state 10.342 che si aggiungono a quelle già pagate dall’istituto di previdenza per un totale di 348mila pensioni (302mila da contribuzione e 46mila da assistenza). A dimostrazione del costante calo delle pensioni, ricordiamo che quelle accolte nel 2008 erano 12.259, nel 2009 10.960. Nel 2010 si è assistito ad un’impennata con oltre 13mila prestazioni erogate per poi ridiscendere al livello più basso registrato nel 2012.Ancora, il 34% delle pensioni ha un importo inferiore ai 500 euro (con un valore medio mensile per gli uomini di 284 euro e per le donne di 364); il 33%, invece, ha un importo compreso tra i 501 e i mille euro al mese (mediamente, 759 euro per gli uomini e 686 per le donne).Dunque, il 67% dei pensionati bresciani, pari a 233.160 persone, percepisce dall’Inps meno di mille euro al mese. Cifre che solo qualche anno fa, pur essendo modeste, permettevano di vivere con dignità. Oggi, la situazione sociale del Paese è profondamente cambiata. I pensionati, dati alla mano, negli ultimi quindici anni hanno visto le loro pensioni perdere un terzo del valore. A conferma dello stato di incertezza, i dati sui consumi alimentati che parlano di acquisti diminuiti del 3% negli ultimi dodici mesi. Un quadro che si inserisce nella riforma delle pensioni che ha allungato il periodo di attesa dell’assegno per i lavoratori.Ricordiamo, infatti, che l’età minima di pensionamento con la riforma Fornero passa da 60 a 62 anni per le lavoratrici dipendenti (che diventeranno 64 anni nel 2014, 65 nel 2016 e 66 nel 2018; le lavoratrici autonome dovranno lavorare un anno in più) e 66 anni per gli uomini. Ancora, il requisito di anzianità è innalzato a 42 anni e un mese per gli uomini e 41 anni e un mese per le donne.Se si vogliono analizzare ancora più nel dettaglio i dati forniti dalla sede di Brescia dell’Inps, si nota che le pensioni inferiori ai 500 euro riguardano gli uomini nel 15% dei casi e le donne nel 49%. Anche nella fetta che va da 500 a mille euro, i maschi si attestano su posizioni nettamente più contenute, pari al 23%, a fronte del 40% delle donne.Infine, l’assegno mensile che va oltre i 1500 euro viene percepito solo dal 3% delle donne a fronte del 29% dei uomini.Sono dati di interesse, non solo perché fanno rilevare il sostanziale impoverimento della popolazione, ma anche perché fanno emergere quanto le «rendite» di una vita di lavoro siano più «pesanti» nel portafoglio maschile, a dimostrazione dell’esistente disomogeneità di presenze femminili nel mondo del lavoro.

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