martedì 29 gennaio 2013

Esuberi, nel Bresciano 3mila lavoratori a rischio

Più che una mappa della crisi, ora sembra un campo minato dalla crisi. La cartina di tornasole del sistema produttivo bresciano, realizzata in collaborazione con la Camera del Lavoro di Brescia, mette in rilievo una situazione piuttosto preoccupante. E non solo dal punto di vista occupazionale. Il nuovo anno si è aperto con un lungo elenco di aziende in crisi che, complessivamente, stanno
mettendo a rischio circa 3mila posti di lavoro. «L'amministrazione provinciale ha raccolto 51mila richieste di impiego - aggiunge il segretario generale della Cgil di Brescia, Damiano Galletti -. Ciò testimonia che questa fase recessiva non ha risparmiato alcun settore e sta cambiando il dna della nostra provincia». Non è la prima volta che un sindacalista esterna le sue preoccupazioni, ma quel che infastidisce e angoscia maggiormente il leader della Camera del Lavoro è il fatto che oggi, in prossimità delle elezioni politiche, il tema del «lavoro» venga trattato in maniera superficiale da tutti i candidati alla guida del Paese. «Dietro quei numeri allarmanti - tuona Galletti - ci sono delle persone, nessuno se lo dimentichi». Con l'obiettivo di memorizzarlo nella mente della gente e, soprattutto, delle forze politiche bresciane, la Cgil ha organizzato per giovedì (alle 9:30) un «Attivo per il lavoro» davanti ai cancelli della Iveco. «Vogliamo dare visibilità a questa situazione drammatica - conclude Galletti - invitando tutti i lavoratori a raccontare la propria vicenda personale». Per questo appuntamento aperto insolitamente a tutti, la Cgil non ha dunque scelto un luogo qualunque, ma ha deciso di unirsi ai lavoratori della Mac, da tempo in presidio davanti all'entrata del sito Fiat. «La vertenza Mac è un caso emblematico - dice Silvia Spera della segreteria Cgil -: Iveco non ha mantenuto fede agli accordi presi precedentemente e ha pure messo in evidenza le sue difficoltà». Se i lavoratori a rischio licenziamento della Mac sono 84, gli esuberi annunciati dalla Iveco nello stabilimento di via Volturno sono oltre ottocento. Nella sintesi realizzata dalla Camera del Lavoro, il comparto metalmeccanico raccoglie un numero significativo di imprese in forte difficoltà economico-finanziarie. A partire dalla Alu-m.e.c. spa di Rudiano (lavorazione alluminio, 126 dipendenti) che venerdì pomeriggio si è vista recapitare la sentenza di fallimento, fino ad arrivare alle Industrie Pasotti (440 dipendenti) che dopo aver annunciato un piano di riconversione industriale (dalla produzione di caloriferi a quella di pezzi per l'automotive) ha rinnovato il contratto di solidarietà per un altro anno. Nell'occhio del ciclone ci sono comunque anche aziende di altri settori. Come la Spumador di Gussago (bevande, 22 dipendenti) che ha annunciato la cessata attività oppure la Zucchi di Urago d'Oglio (biancheria, 68 addetti) che prevede la chiusura del sito bresciano.E ancora: la Alnor di Leno (profilati in alluminio, 130 lavoratori) che ha già depositato la richiesta di concordato; la Teorema di Flero (rubinetterie, 85 lavoratori) in liquidazione; gli stabilimenti bresciani del gruppo Riva, quelli dell'Ilva di Taranto (circa 500 addetti); la Brandt Italia di Verolanuova (elettrodomestici, 440 dipendenti) che ha concordato un progetto di reindustrializzazione del proprio sito; la Invatec di Roncadelle (biomedicale, 581 lavoratori) che ha dichiarato 250 esuberi; la Medeghini (casearia, 120 dipendenti) in default dal 2010. «Ci sono inoltre decine di aziende che hanno chiuso i battenti senza fare notizia» chiosa Antonio Ghirardi della Fiom.  «È quindi necessario un piano straordinario per il lavoro - conclude Spera -, ma senza contrapposizione tra diritto e lavoro». fonte:giornaledibrescia.it

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